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Il ruolo del caregiver

Le parole di Dana Reeve

Le mansioni del caregiver non sono trascurabili né possono sempre essere delegate. Tuttavia, è importante ricordare che non si è da soli: è fondamentale confrontarsi con altre persone che si trovano in situazioni simili.

Dana Reeve è nota per essere stata un modello di caregiver, sostenendo Christopher Reeve e la sua famiglia in seguito alla lesione del midollo spinale di Christopher nel 1995. La sua idea di fornire risorse utili all’intero sistema di assistenza ha portato alla creazione del Centro nazionale di risorse per la paralisi (National Paralysis Resource Center – NPRC) e di molti altri servizi della Reeve Foundation.

Di seguito si riporta una sua lettera scritta ai colleghi caregiver:

Cari Caregiver,

Dopo l’infortunio di mio marito Christopher, è diventato evidente che la paralisi è un problema di famiglia. Prendersi cura delle nostre esigenze fisiche, emotive, sociali ed economiche può essere appagante e gratificante. Ma fornire assistenza a una persona paralizzata è un compito che non sempre ci aspettiamo di ricevere.

Piangiamo la perdita di mobilità e indipendenza del nostro caro, così come le nostre rinunce: non abbiamo tempo per noi stessi, ci sentiamo isolati, esausti e sopraffatti. Sentiamo che nessun altro capisce ciò che ci viene richiesto.

Un caregiver deve occuparsi di questioni mediche, di igiene, di trasporti, di pianificazione finanziaria, di sensibilizzazione e di fine vita. Essere un buon caregiver significa acquisire un certo controllo sulla situazione. Per farlo è importante informarsi e condividere le esperienze o risolvere i problemi insieme ad altri caregiver.

Sappiate che non siete soli, che siete imprescindibili e che voi e la vostra famiglia potete condurre una vita attiva e soddisfacente nonostante le sfide poste dalla paralisi. Non vergognatevi mai di chiedere assistenza al nostro centro (Paralysis Resource Center). Basta chiamare il numero verde +1-800-539-7309.

Vi faccio i miei migliori auguri,
Dana Reeve
(scritta nel 2005, un anno prima della sua scomparsa)

Il ruolo del caregiver

Aiutare una persona a continuare a vivere in modo indipendente a casa propria è un lavoro prezioso. Il caregiving può essere un’esperienza gratificante, che dimostra l’impegno nei confronti di una persona cara. È vero, però, che non è mai realmente una scelta. Siamo noi ad essere scelti da eventi e circostanze che non possiamo prevedere né controllare.

Sono prevalentemente i familiari a occuparsi dell’assistenza alle persone disabili o con malattie croniche. Secondo la Rete d’azione dei caregiver (Caregiver Action Network), i caregiver familiari sono le colonne portanti del nostro sistema sanitario. Più di 50 milioni di persone forniscono un certo grado di assistenza a una persona cara. Se non lo facessero “gratuitamente”, staremmo parlando di stipendi annui pari a 375 miliardi di dollari, quasi il doppio della spesa destinata all’assistenza domiciliare e alle case di riposo.

Con l’invecchiamento della popolazione, con la scienza medica che allunga la speranza di vita e con le politiche sanitarie che puntano a dimettere quanto prima i pazienti, anche se non guariti, il numero di caregiver familiari non può che crescere.

Il caregiving può essere logorante, sia fisicamente che emotivamente. Può rubare i nostri sogni o lasciarci col cuore spezzato. Ci fa star male per le rinunce di una persona cara, ma anche per le nostre rinunce. Sebbene l’assistenza ai propri cari possa essere enormemente gratificante, ci sono giorni in cui di gratificante c’è ben poco.

C’è sempre un dazio da pagare: i caregiver tendono a soffrire di depressione, stress e ansia molto più della popolazione generale. Le statistiche mostrano che fino al 70% dei caregiver dichiara di soffrire di depressione, il 51% di insonnia e il 41% di problemi alla schiena.

Quasi tre quarti dei caregiver familiari non vanno dal medico quanto dovrebbero e il 55% afferma di non presentarsi a una visita, mentre il 63% riferisce di avere abitudini alimentari scorrette.

I caregiver si sentono isolati e spesso riferiscono di non vivere una vita “normale” e che nessun altro può capire quello che devono affrontare.

Poi c’è l’aspetto economico: le famiglie che assistono una persona disabile sostengono più del doppio delle spese mediche rispetto alle altre famiglie.

Spesso il caregiver deve fare sacrifici sul lavoro per occuparsi dei compiti a casa. Ma si tratta della propria famiglia, di una persona cara. Che alternative ci sono? Non si può far finta di niente. Si può solo imparare a gestire la frustrazione e a svolgere al meglio il proprio compito.

Tendenzialmente, i caregiver imparano dai propri errori a gestire la routine relativa alla preparazione del cibo, all’igiene, agli spostamenti e alle altre attività domestiche.

“Dopo l’incidente di Chris, abbiamo agito come se fossimo atterrati su un altro pianeta. Un pianeta che può sembrare cupo e opprimente, in cui bisogna adattarsi di continuo. Per affrontare la nuova normalità, gli aggiustamenti, la perdita… bisogna quasi elaborare un lutto. Perché è vero: l’unico modo per alleviare il dolore è affrontarlo. Bisogna accettare la nuova condizione, perché fatto ciò, si apre letteralmente un mondo nuovo fatto di speranza”. – Dana Reeve

Certe cose sono indistruttibili

Così come Dana Reeve, Kate Willette è sia moglie che caregiver. Suo marito ha subito una lesione al midollo spinale a causa di un incidente sugli sci nel 2001. Ha raccontato la loro esperienza nel libro Some Things Are Unbreakable (Certe cose sono indistruttibili). Di seguito riportiamo alcune sue riflessioni su come ha iniziato a gestire la nuova vita da caregiver.

Il vostro partner si fa male e la vostra vita cambia per qualcosa che non è successo a voi. È questa la verità. Ricordo di avergli detto: “Torna. Ti prego, torna”. E lui rispondeva: “Ci sto provando”.

Il coniuge caregiver deve arrivare a dire: “Sono io che ho scelto di farlo”, così come lo aveva scelto prima dell’incidente. E se non lo scegliete con tutto il cuore, non ce la farete mai, perché una parte di voi sarà sempre arrabbiata e continuerà a dare la colpa all’altra persona per quello che vi ha portato via.

Il lavoro del caregiver non concede pause. Non se ne può mai fare a meno. Aiuta molto il senso dell’umorismo, ma credo che la cosa più importante non sia il modo in cui si comunica. È una scelta di base, nessuno ti obbliga a fare niente. Se riuscite ad accettarlo, troverete il modo di superare qualsiasi ostacolo.

Caregiver: Amy Poullos

Amy Poullos, che vive nel nord della California, ha ripreso gli studi ed è diventata infermiera. Intraprendere una nuova carriera e gareggiare nel triathlon l’ha aiutata a superare l’incidente che ha causato la disabilità del marito.